La maggior parte delle diete iperproteiche induce l’organismo ad attuare meccanismi adattativi, non fisiologici, come la chetosi, che consente all’organismo di utilizzare come fonte di energia gli acidi grassi. Il fabbisogno energetico quindi è assicurato dalla lipolisi che però, in assenza di un adeguato apporto di carboidrati e di ossalacetato, non può arrivare alla completa ossidazione degli acidi grassi, ma si fermerà alla produzione di corpi chetonici (CC = aceto acetato, βidrossibutirrato e acetone). Inoltre, i fautori delle diete iperproteiche affermano la chetosi genera anche un effetto anoressizzante. In letteratura non esistono evidenze chiare sulla reale efficacia della chetosi nel causare perdita di appetito (anoressia). Esistono invece evidenze che dimostrano come a seguito di una dieta chetogenica, somministrata per via naturale, ci sia un rebound nell’intake energetico superiore al deficit accumulato nella fase di dieta restrittiva. Chi utilizza diete chetogeniche (rapporto lipidi/carboidrati chetogenico 4:1) nelle sindromi genetiche da deficit di GLUT-1 e nelle epilessie farmaco-resistenti riferisce che i pazienti (dopo la prima settimana di nausea, vomito e rifiuto del cibo) mantengono un buon appetito pur avendo una chetonemia >2mmol/l. Da studi è emerso che i CC hanno un’azione protettiva sulla proteolisi (con meccanismo peraltro ignoto) , però è stato anche ampiamente dimostrato come l’acidosi metabolica provochi un ulteriore depauperamento proteico inibendo la sintesi proteica (a causa della riduzione del pH anche a livello muscolare e dell’azione degli ormoni glucocorticoidi) e favorendo la proteolisi (attraverso l’attivazione dell’UPS). Da notare, però, che tra i vari effetti dei CC c’è anche quello di limitare la lipolisi, per evitare un troppo rapido depauperamento delle riserve di grassi, e la ridotta produzione di triiodiotironina con un effetto di rallentamento del metabolismo basale. Infine il Dr. Robert Eckel dell’American Heart Association afferma che le diete ad alto tenore proteico e basso tenore di carboidrati, aumentano il rischio cardiovascolare; inoltre numerosi studi hanno dimostrato che le diete iperproteiche sono responsabili della demineralizzazione ossea (osteopenia) e della formazione di calcoli renali.
I corpi chetonici sono tre: l’acetato, l’acetone e il β-idrossibutirrato. Nei mammiferi, il solo organo che contribuisce in maniera significativa alla biosintesi dei corpi chetonici è il fegato che li forma dagli acidi grassi non esterificati portati dal sangue. Altre sorgenti di minore importanza sono la leucina, l’isoleucina, l’acetato e l’etanolo. La formazione dei corpi chetonici avviene da acetil-CoA. Due molecole di acetil-CoA reagiscono tra loro formando acetacetil-CoA che, a sua volta, condensa con un’altra molecola di acetil-CoA a formare il 3- idrossi-3-metilglutaril-CoA (HMG-CoA). Nel caso della formazione dei corpi chetonici, esso è scisso in acetacetato libero e in acetil-CoA. L’acetoacetato è in equilibrio con il β idrossibutirrato. L’acetoacetato libero acquisisce il CoA per scambio con il succinil-CoA intermedio del ciclo di Krebs, che diventa succinato e prosegue il ciclo. L’acetoacetil-CoA genera due molecole di acetil- CoA che viene ossidato nel ciclo di Krebs nel mitocondrio. La funzione dei corpi chetonici è quella di generare energia, quando il glucosio è poco disponibile. Molti tessuti, come cuore, muscolo scheletrico, rene e ghiandola mammaria durante l’allattamento, utilizzano i corpi chetonici. In questi tessuti, l’utilizzazione dei corpi chetonici inibisce l’utilizzazione del glucosio e l’ossidazione del piruvato.
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