In Calabria la costa si sviluppa per 700 chilometri su fronti contrapposti e la montagna si innalza nei massicci del Pollino, della Sila e dell’Aspromonte. Una situazione paradossale, con prodotti da climi caldi, come il cedro, a stretto contatto con quelli dell’alta montagna. Sono sapori mediterranei le cipolle rosse di Tropea e la liquirizia di Rossano, il pesce spada dello Stretto e la sardella, una conserva di mare che si spalma sul pane. Sui banchi degli stessi mercati, ecco però anche il caciocavallo Silano e il pecorino del Crotonese, e salumi accesi di peperoncino, come la soppressata o la morbida ‘nduja’ di Spilinga. Come cornice, l’oliveto, che pone la regione ai primi posti in Italia, e la vigna, con varietà d’ascendenza ellenica.
Il ”Caciocavallo Silano” è, senza alcun dubbio, fra i più’ antichi e tipici formaggi a pasta filata. Della sua produzione ne accennava già Ippocrate, nel 500 a.C., discorrendo dell’arte usata dai greci nel preparare il ”Cacio”. Il Caciocavallo Silano è marchiato a fuoco forma per forma ed etichettato con etichette alfanumeriche. La stagionatura avviene per un minimo di 30 giorni in cantine. Il clima della Sila è una componente importante per la stagionatura che concede a questo formaggio aromi intensi e una piacevole piccantezza. Utilizzato per insaporire molte pietanze. Ottimo anche da gustare con il pane o con verdure, se di breve o media stagionatura. È un formaggio che si presta ad essere fuso. Si accosta a vini bianchi dal profumo avvolgente e di personalità. Se invecchiato, predilige vini rossi di medio corpo.
L’abbespata è una particolare ricotta salata e affumicata prodotta nella zona del crotonese ed è un altro gustoso prodotto della Calabria. Per produrre l’abbespata o ricotta affumicata si utilizza il siero residuo proveniente dalla lavorazione di latte vaccino, caprino o misto. L’abbespata subisce un processo di salatura e affumicatura, processi che durano diversi giorni e che per essere realizzati richiedono che l’abbespata venga posta su cannicci e ricoperta da felci e successivamente esposta al fumo della combustione di legna di castagno, di erica o di altre piante aromatiche. L’abbespata da tavola si serve guarnita con verdure crude, come insalate, o cotte, come zucchine trifolate e topinambur in padella. Da grattugia è ottima per insaporire piatti al pomodoro, ripieni di tortelli e farce di verdure.
L’apice e la diffusione del Pecorino crotonese si è registrata nel periodo del Regno Borbonico, quando il formaggio fresco iniziò ad essere stagionato per poter giungere sul mercato di Napoli dove la richiesta era alta. La tecnologia di produzione risale a quei tempi ed è rimasta immutata. Pecorino crotonese di grotta. Alcune forme, a due mesi di stagionatura, vengono ricoverate in una grotta a 700 metri di altitudine nella Presila Crotonese, ad una temperatura costante di circa 15°C e un’umidità non superiore al 60%. Nel periodo di stagionatura viene spazzolato leggermente e cappato con olio di oliva ogni quindici giorni per almeno altri quattro mesi. La crosta acquista un colore scuro per la cappatura e la pasta, di colore paglierino, è ruvida e rocciosa, mentre il sapore è intenso, pulito, delicatamente aromatico).
La Nduja è uno dei più importanti prodotti tipici calabresi ed è conosciuta in tutto il mondo per la sua genuinità. E’ prodotta su tutto l’altopiano del Monte Poro, anche se il paese di produzione per eccellenza è Spilinga, da cui prende il nome, situata vicino Capo Vaticano. La nduja di Spilinga presenta un colore rosso vivo, ha una consistenza pastosa e non indurisce mai, resta sempre cremosa e spalmabile. E’ una salume estremamente piccante, tanto che sono in molti a pensare che abbia “poteri afrodisiaci”. La nduja calabrese è prodotta dalle carni di suino tritate finemente insieme ad abbondanti dosi di peperoncino calabrese (circa 25/30 %), sia dolce che piccante. Ottima da gustare tal quale su pane e bruschette o per preparare dei primi piatti, meglio se con la famosa “Fileja” calabrese (Pasta fresca tradizionale calabrese , fatta in casa). E’ eccellente, inoltre, per insaporire i sughi.
Lo Stoccafisso nel meridione d’Italia viene chiamato comunemente “STOCCO”, il pesce viene importato in Italia per essere trasformato in alimento di gran pregio, da prodotto duro e secco in alimento commestibile è necessario eseguire una lavorazione esclusivamente artigianale, consistente nella pulizia e nella messa in ammollo, in passaggi successivi e per diversi giorni, in acqua corrente di buona qualità. E’ evidente che l’acqua assume particolare rilevanza per la buona riuscita del prodotto finale. Le acque che scorgono dalle numerose sorgenti montane appenniniche di Mammola, hanno una particolare composizione chimico fisica, ricca di sostanze oligominerali, che combinandosi tra loro, determinano una perfetta maturazione dello Stocco in ammollo, esaltandone le qualità, ed ottenendo così un prodotto bianco, grosso e molto saporito. E’ questa, la ragione principale, insieme alla professionalità di chi lo lavora, che determina da secoli la produzione di un ottimo Stocco. Lo “STOCCO DI MAMMOLA” è incluso nell’Elenco Nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Incrocio tra arancio amaro e mandarino, le Clementine provengono forse dall’Algeria (secondo una delle ipotesi più accreditate, il loro nome richiamerebbe quello di Padre Clément Rodier di Misserghin, nel cui orto sarebbero state rinvenute). Raccolte da ottobre a febbraio, a seconda delle varietà, sono pressoché apirene, ovvero senza semi (o ne hanno pochi); ricche di vitamine, aromatiche e molto dolci, risultano facili da sbucciare, essendo l’epicarpo liscio e molto sottile, e possono gustarsi fresche o essere trasformate in canditi, marmellata, succhi, sorbetti, dolci e liquori.
La Patata della Sila è un prodotto della montagna, coltivato sull’altopiano calabrese ad un’altitudine di 1.200 metri, nell’ambiente incontaminato del Parco Nazionale della Sila. Il terreno ricco di potassio, l’irrigazione con acqua di sorgente e un microclima con forti escursioni termiche le conferiscono caratteristiche uniche. Di forma tonda, tonda-ovale o lunga ovale, con buccia resistente dopo lo sfregamento, presenta una percentuale di amido superiore alla media ed una polpa compatta, con un’alta percentuale di sostanza secca che ne garantisce le alte qualità culinarie ed una particolare indicazione alla frittura. La coltivazione della patata nella Sila ha una storia lunga e documentata. Un primo cenno si ritrova nella Statistica del Regno di Napoli del 1811, fu poi Re Ferdinando II di Borbone a sviluppare la coltivazione della patata sull’altopiano silano nel 1830.
Peperoncino rosso di Calabria, il vero afrodisiaco, dinamite per la salute è il viagra dei poveri. In Calabria i peperoni sono approdati all’inizio del XVI secolo, provenienti dalla Spagna dove erano stati portati da Cristoforo Colombo di ritorno dal suo primo viaggio in America. In Calabria, il peperoncino ha trovato il suo habitat ideale e sono in assoluto i migliori, lo chiamano “sua maestà il peperoncino”, non c’è da meravigliarsi perché in cucina è il sovrano indiscusso della gastronomia calabrese. Dal punto di vista culturale, il peperoncino in tutte le zone della Calabria, sia collinari che costiere, ha sempre avuto un punto di riferimento nella cucina.
Pipi sono molto simili ai peperoni ma hanno una forma quasi uguale ai pomodori ed hanno un sapore molto particolare che li rende unici, dal sapore “rotondo“ e “carnoso“.
La presenza del Bergamotto in Calabria sarebbe stata accertata tra il XIV ed il XVI sec., ed il primo “bergamotteto” sarebbe stato impiantato intorno al 1750. Deriva probabilmente da un incrocio fra arancio amaro e limetta acida anche se non manca chi lo ritiene una specie vera e propria denominandola Citrus bergamia Risso (di origine cinese). La Calabria è il maggior produttore mondiale di bergamotto. Il 90% della produzione totale arriva, infatti, da questa regione. Gli oli essenziali di bergamotto, in virtù della loro straordinaria fragranza, sono impiegati nella produzione industriale di profumi, dolci e liquori.
In Italia esistono innumerevoli varietà di cipolla, la “Cipolla Rossa di Tropea Calabria” però, pur non essendo la più coltivata, è senza dubbio la più rinomata per le sue caratteristiche qualitative che la distinguono, e soprattutto per il valore storico e culturale ancora oggi vivo e presente sia in cucina che nelle manifestazioni folcloristiche. Le condizioni pedoclimatiche (terreno, temperatura, umidità, ore di luce) del comprensorio della costa medio-alta del tirreno calabrese, il peculiare corredo genetico e l’ingegno umano, sono gli esclusivi responsabili delle eccelse caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche di questo prodotto che si diffonderà con maggiore intensità nel periodo borbonico, quando verrà introdotta e richiesta dai mercati del nord Europa, diventando ben apprezzata.
La Sardella unisce armoniosamente terra e mare, in un gusto inconfondibile è l’incontro tra pesce e il peperoncino rosso finemente triturato in polvere, il sale e il finocchietto selvatico. Molteplici sono gli usi che si possono fare della sardella, può essere semplicemente spalmata sul pane (tipo nutella) in molti la preferiscono anche con un filo di olio extravergine di oliva, ma può anche essere usata come condimento per la pasta. La Sardella è il caviale calabrese. Probabilmente, proprio come la celebrata “colatura d’alici” della Costiera amalfitana, discende dal Garum, il mitico condimento della gastronomia dell’antica Roma a base di pesce marinato e aromi che duemila anni fa veniva a lungo “maturato” in vasi di coccio. Parliamo della Sardella, la più piccante, saporita e aromatica conserva ittica dei panorama mediterraneo. E’ una preparazione dal gusto forte e antico, che unisce la neonata di sardine (il novellame più minuscolo) col sale, il peperoncino e aromi selvatici.
La liquirizia Nota fin dall’antichità è stata chiamata Glycyrrhiza che significa pianta dalla dolce radice . Secondo l’autorevole Enciclopedia Britannica la migliore del mondo cresce in Calabria, in particolare lungo la costa ionica. La pianta è esile e delicata e le radici, molto profonde e di lunghezza anche superiore ad un metro, sono fortemente infisse nel terreno, tanto da consolidare, con la loro struttura , sponde e terreni argillosi.
Le uve destinate alla produzione dei vini “Cirò” rosso, anche nelle tipologie “superiore” e “superiore riserva”, rosato e bianco devono essere prodotte nella zona di produzione dei comuni di Cirò e Cirò Marina e in parte i territori dei comuni di Melissa e Crucoli. L’attuale vino Cirò, deriva da un vino che anticamente era chiamato “Krimisa”. Il nome probabilmente deriva da quello di una colonia greca, Cremissa appunto, situata dove ora sorge Cirò Marina. A Cremissa sorgeva peraltro un importante tempio dedicato al dio del vino, Bacco, e Krimisa era il vino offerto in dono agli atleti vincitori delle Olimpiadi. Nel Cinquecento e per tutta l’epoca moderna il vino viene descritto come uno degli elementi caratterizzanti un’agricoltura e un’economia propri di una Calabria felix, prospera, fertile, secondo immagini veritiere che vengono tramandate da padre in figlio. Per rinnovare l’antica tradizione, il Cirò è stato servito come vino ufficiale alle Olimpiadi svoltesi a Città del Messico nel 1968. Milone di Crotone, vincitore di ben sei edizioni dei giochi di Atene, era un grande estimatore di questo vino.
Il vino Verbicaro ha ottenuto il riconoscimento Doc dall’Unione Europea nel 1995. Il Verbicaro è un vino da pasto prodotto nelle tipologie Bianco, Rosso (anche nella versione Riserva) e Rosato. Il Verbicaro Bianco ha un colore giallo paglierino più o meno intenso, un odore delicato, caratteristico, un sapore secco, morbido, talvolta aromatico e una gradazione minima di 10,5°C; il Verbicaro Rosso ha un colore rosso rubino più o meno carico, un odore vinoso, delicato, caratteristico, un sapore gradevole, asciutto, vellutato, talvolta leggermente aromatico e una gradazione minima di 12°C; il Verbicaro Rosato ha un colore rosa più o meno intenso, un odore delicato caratteristico, un sapore fresco, asciutto, armonico e una gradazione minima di 10,5°C.
Il contorno di peperoni e patate, o pipi e patati come si dice in Calabria, è un piatto tipicamente estivo che si prepara molto facilmente e che ben si presta ad accompagnare secondi piatti di carne e di pesce.
Porzioni: 4 persone
Ingredienti:
Procedimento:
Iniziamo pelando le patate e tagliandole per il lungo a fette spesse circa mezzo centimetro. Tagliamo quindi le fette a metà formando due grossi spicchi. Laviamo i peperoni, priviamoli del picciolo e tagliamolo a rondelle dello stesso spessore. In un’ampia padella facciamo scaldare bene l’olio. Quando sarà bollente uniamo peperoni e patate assieme e facciamoli cuocere scoperti per circa 20 minuti, girandoli spesso con una paletta. Quando peperoni e patate saranno ben dorati il piatto è pronto.
Le cipolle rosse di Tropea Calabria, che bella invenzione, bisogna proprio ringraziare la natura ed il buon Dio per questa meraviglia di ortaggio, così dolce e delizioso e salutare che non se ne può più fare a meno se manca questa che ormai è diventata una protagonista in tavola, ci dobbiamo fermare con l’arte culinaria. Una volta, ricordavano le nostre nonne, era indispensabile come alimento di base per qualsiasi soffritto e bollito di carne di vitello e di pollo, e che oggi pian piano si è fatta sempre più spazio sulle nostre tavole con un’infinità di ricette per le quali si presta.
Porzioni: 4 persone
Ingredienti:
Procedimento:
Mondiamo, laviamo e tagliamo a fette le cipolle, asciughiamo bene il baccalà, prepariamo una teglia da forno, versiamo l’olio fino a coprire il fondo quindi disponiamo le cipolle, aggiungiamo il baccalà e le patate lavate e tagliate a cubetti. Salare il tutto aggiungendo il peperoncino piccante e il rosmarino. Inforniamo a 200°C in forno già riscaldato per circa un ora, giriamo ogni tanto finché non risulterà il tutto dorato togliamo dal forno e aggiungiamo il prezzemolo tritato e serviamo caldo.
O meglio : U piscispata a gghiotta. Esistono due varianti di questo piatto, questa ed un’altra dove i tranci di pesce spada sono cotti alla griglia e serviti con una vinaigrette di succo di limone, olio, aglio, prezzemolo, origano e menta. Piatto tipico della cucina calabrese in particolare della provincia di Reggio Calabria. Indiscusso protagonista della gastronomia calabrese; non solo per la prelibatezza delle sue carni, ma anche per il rituale folkloristico che ne caratterizza la pesca: la spadara. Uno degli spettacoli più attraenti consiste infatti nell’assistere alle battute di pesca delle “passarelle” o “spatare”, le caratteristiche e rapide imbarcazioni specializzate nella caccia al pesce spada nello stretto di Messina. La regione Calabria ha ottenuto dal ministero per le politiche agricole e forestali l’inserimento del pesce spada alla ghiotta nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.
Porzioni: 4 persone
Ingredienti:
Procedimento:
Laviamo le erbe aromatiche, eliminiamo i gambi, tritiamole e mescoliamole con poco sale. Dissalare le acciughe sciacquandole in acqua corrente, sfilettarle, asciugarle con carta da cucina e tagliarle longitudinalmente. Scaldare il forno a 180 ̊C. Praticare delle incisioni nelle due estremità del filetto di pescespada ed introdurvi i filetti di acciuga. Pennelliamo con l’olio il pesce e rotoliamolo nelle erbe aromatiche per rivestirlo. Salare e pepare. Foderiamo una teglia con un foglio da carta forno bagnato e strizzato, sistemiamo il pescespada ed aggiungiamo le erbe rimaste. Inforniamo per circa 25 minuti tenendo conto che il tempo di cottura varia secondo il diametro del filetto. Se si dispone di un termometro per alimenti la parte più interna dovrà raggiungere 65/70°C. Sforniamo il pesce e serviamolo con il limone tagliato a spicchi.
Lo stocco di Mammola, nel tempo, in cucina, combinato con ingredienti della dieta mediterranea e preparato in maniera antica, è divenuto il piatto tipico di Mammola e tra i più importanti della Calabria. Questa ricetta presenta, a seconda delle località, alcune varianti. Infatti, il sugo può essere insaporito anche con le budelline dello stoccafisso e, in tal caso, il piatto prende il nome di “panzischi e trippiceji”. I budellini vengono riempiti con un composto tritato di polpa di stocco, pecorino grattugiato, uova, pangrattato, aglio e prezzemolo. Poi si legano, s’intrecciano e si cuociono nel sugo con cui si condiranno i bucatini.
Porzioni: 10 dosi
Ingredienti:
Procedimento:
In un tegame di terracotta soffriggiamo un trito di cipolla e aglio, quando questi saranno rosolati mettiamo lo stocco a pezzi, badando a non mescolare ma scuotere il tegame. A metà cottura togliamo lo stocco mettendolo da parte e aggiungiamo nel tegame i pelati ed il peperoncino a pezzetti, per preparare il sugo. A cottura quasi ultimata rimettiamo lo stocco nel tegame per 5 minuti. A parte bolliamo i bucatini al dente e amalgamiamoli con il sugo già pronto. Serviamo guarnendo con pezzi di stocco.
Pura poesia calabrese, un piatto che incanta il palato. I sapori della terra calabrese si uniscono tutti per dare vita a questo meraviglioso spettacolo dal potere afrodisiaco.
Porzioni: 4 persone
Ingredienti:
Procedimento:
Tagliamo i pomodori a cubetti e i peperoni a falde e affettiamo la cipolla. Riuniamo in una padella bassa olio, pomodori, aglio, peperoni, cipolla, basilico, alloro, sale. Cuociamo per 15 minuti, poi aggiungiamo la ‘Nduja. Amalgamiamo e proseguiamo la cottura per altri 3 minuti. Saltare la pasta nella padella della salsa. Servire con pecorino del Pollino a scaglie.
I funghi in Calabria sono molto utilizzati nella cucina, molti sono i piatti a base di funghi assaporati nella ristorazione calabrese, tra i più famosi usati nelle pietanze citiamo il Lactarius delicius, detto “Rossitto o rosito”, poiché possiede un colore rosato.
Porzioni: 4 persone
Ingredienti:
Procedimento:
Puliamo e laviamo accuratamente il prezzemolo e i funghi rositi, lasciamoli asciugare e tagliamoli a fettine sottili. Apriamo le due uova e sbattiamole insieme al pecorino finchè l’amalgama è uniforme. Rosoliamo la salsiccia nell’olio, insieme alla cipolla precedentemente pulita e sminuzzata, aggiungiamo i funghi ed il prezzemolo, i pomodori puliti e palati tagliati a rondelle, e ultimiamo la cottura aggiungendo mezzo spicchio d’aglio sminuzzato. Cuociamo il vitellone alla brace, insaporendolo con aglio. Nella padella con la salsiccia, aggiungere in ultimo l’uovo sbattuto e completiamo una veloce cottura a fuoco molto moderato per ottenere una crema granulosa. Serviamo il vitellone cotto ala brace con questa crema e ricopriamo con caciocavallo silano a scaglie doppie.
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